26 Feb Made in Italy: ci cercano, ma non ci prendono
I prodotti italiani sono i più ricercati al mondo
Secondo la ricerca condotta da Prometeia e dall’Area Studi Mediobanca, i volumi di ricerca dei prodotti italiani all’esterno sono aumentati del 56% negli ultimi 3 anni. I brand italiani del fashion made in Italy sono in vetta alla classifica nelle ricerche sul web. I 559 marchi più famosi al mondo, infatti, sfiorano i
300 milioni di ricerche al mese. Valgono molto e quindi pesano sui ricavi quattro volte di più rispetto alle restanti aziende del settore. Le
300 firme dell’abbigliamento, che trainano ormai l’intero Made in Italy, sono in testa alla classifica. I 119 marchi di pelletteria seguono, con 60 milioni di ricerche al mese.
Da dove vengono le ricerche
In testa Germania e Stati Uniti, seguiti da Cina e Russia. Nondimeno Australia, Canada e Polonia sono appassionati followers dei nostri prodotti esclusivi. Età media degli aspiranti acquirenti? Online è più alta: si concentrano fra i 44 e i 64 anni, probabilmente anche per possibilità di spesa. Dalle ricerche tuttavia si denota che i millennials e la generazione Zeta sono molto attratte dai marchi iconici, e il Made in Italy ne ha tanti: questo comporta una possibilità di crescita su questa fascia di età, soprattutto in paesi come Stati Uniti e Cina.
Cosa si cerca?
Le parole e i concetti maggiormente ricercati dagli utenti in rete ci comunicano quello che si vuole dal mercato italiano: alimenti sani, qualità dei materiali, origine e filiera certificati. Da noi si cerca quindi qualità, affidabilità e
non risparmio.
Ma allora perché non ci prendono?
Buon vecchio brand fa buon brodo
Nel complesso il
Made in Italy firmato vale oltre 165 miliardi di euro, il 60% del giro di affari di ogni singolo settore. Le imprese italiane fatturano di media 140 miliardi in 5 anni di esportazioni. Una cifra notevole. E la richiesta è sempre in aumento, a partire dal settore dei viaggi, seguito da quello alimentare, dell’abbigliamento e dell’auto. Si prevede che nei prossimi 5 anni la domanda potenziale aumenterà di oltre 10 miliardi di euro.
Quello che veramente fattura, insomma, è il
marchio: fra le 173 imprese italiane di moda considerate nel campione nel complesso gli asset immateriali (ovvero le ragioni non tangibili per cui i nostri prodotti sono così richiesti) pesano sui ricavi quattro volte di più rispetto alle altre aziende del settore. Si cerca quindi sì qualità e garanzia, ma sempre nella certezza del marchio.
Chi è senza nome non vende
In Italia il
92% delle imprese attive sono
PMI ed è su di loro che si basa veramente l’economia del paese, ma il 70% di queste dichiara che la maggior parte dei propri profitti è generato in Italia. Ma allora forse siamo noi che non vogliamo vendere!
Ci cercano, ma ci trovano solo in pochi eletti, e Google ha fatto una ricerca per capire il perché. Ne è emerso che le imprese italiane hanno
poca fiducia nelle tecnologie, unico mezzo che oggi permetterebbe loro di aprirsi al mercato estero online. Il 35% di queste aziende infatti non ha un sito web e il 75% non ha mai fatto una campagna online, dato che per un’impresa estera sarebbe uno scempio!
Cosa si può cambiare: una strategia digitale intelligente
La fiducia nell’evoluzione, nella necessità sempre più forte di essere al passo coi tempi, smart e “responsive”, cioè presente e accattivante su tutti i dispositivi di ricerca diffusi, è diventata un must in tutto il mondo. Quindi non c’è scampo: o bere o affogare, come si suol dire.
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